Negozio di alimentari, angolo macelleria, qualche anno fa.
Entra lei, borsa firmata (di quelle così esclusive che viene giù apposta lo stilista col pennarello per farti felice), occhiali da sole con impianto fotovoltaico, tacco modello lampione degli Champs Elysees, capello perfetto alla Kim Kardashian.
Mi guarda, guarda mio marito, riguarda me, ci guardiamo tutti insieme.
Ad un certo punto, come se avesse appena visto il pazzo con l’accetta di Shining, mi fissa e dice: “Non le avrete mica finite?”
(Cos…ma cosa… Chi… Ma chi t’ha mai visto?).
Mi guarda che pareva spaventata e mio marito si gira con garbo e con un savoir-faire da damina dell’600 se ne esce con “Vado di là in cucina che ho delle cotture sul fuoco.”
(Maledetto 😑😑😑 Me la lasci qua a me sta matta).
Mi rivolgo a lei con la calma del suo psicanalista e le dico:
“Prego, mi dica pure, cosa le serve?”
“Volevo delle salamine di maiale ma le avete finite…”
Ci ero quasi cascata, guardo nel bancone ed eccole lì, 30 kg di salamine in bella mostra…
“Signora, eccole qui, appena fatte.”
Mi guarda come si guardano i porelli al reparto psichiatrico e mi dice, secca: “NO”.
Resto un attimo basita, mi domando cosa posso aver fatto di male in cinque parole e lei rincara la dose. “Le ho chiesto delle salamine di maiale, non voglio una cosa per l’altra.”
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