Sono andata al funerale del papà di un’amica e, a fine cerimonia, ci siamo ritrovati fuori alla chiesa. Conosco una zia della mia amica in quanto lavora vicino a dove lavoro io.
“Ehi Roby, ci vediamo dopo allo Chalet?”
“Nono, ormai lavoro lì solo due giorni a settimana: lunedì e mercoledì.”
“Ah e come mai?”
“Sto scrivendo la tesi e non riesco più a fare 10h al giorno, 6/7. L’ho fatto per 3 anni, ma adesso basta. Preferisco avere una piccola entrata ed avere più tempo per l’università.”
Pensavo che fosse finita qui, ma a questo punto si intromette questo tizio che non conosco.
“Eh i soliti giovani che non hanno voglia di lavorare. Dì la verità: non hai voglia di lavorare.”
“Scusi ma lei che lavoro fa?”
“Lavoro in fabbrica.”
“Sa qual è la differenza tra me e lei? Se lei ha una giornata “no” e vuol essere triste o piangere, può farlo tranquillamente mentre lavora. Io devo essere sempre sorridente, salutare tutti in maniera gioviale anche se sto morendo dentro. Ma soprattutto, io devo essere gentile e cortese anche se i miei clienti sono dei maleducati e, mi creda, ce ne sono molti in giro.”
(“E tu fai parte della categoria, signor simpatia”, ma questo non l’ho detto.)
Lui è rimasto di sasso, non ha proferito una parola e la sorella lo ha canzonato per esser stato “messo in riga” da una giovane.
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