Episodio di qualche anno fa. Accettazione studio di fisioterapia accreditato ATS.
La signora si presenta dicendo di dover prenotare della fisioterapia.
Bene signora, se mi dà le impegnative e il protocollo riabilitativo prenotiamo.

I miei documenti non glieli faccio vedere.

Signora, per fare le terapie è necessario sapere cosa deve fare.

Io non voglio dirle chi sono e cosa ho fatto, c’è la privacy

E io cosa dico alla ASL? Che è venuta una signora a fare delle cure prescritte da non si sa chi e vogliamo il rimborso?

Faccia come vuole.
Interviene il fisioterapista che si aggirava in zona e le chiede se almeno lui poteva sapere che tipo di terapia doveva fare, magari a uno con il camice lo avrebbe detto.
E niente, gli legge il codice della terapia rifiutandosi di dirgli il perché e l’arto. Rifiuta di far leggere i documenti dell’intervento e anche di dire come si chiama.
A quel punto il fisioterapista gli risponde che non siamo un centro di riabilitazione mentale e può accomodarsi fuori.

Andandosene incaxxata: “Adesso mi faccio sentire io con la Regione, vedrete che vi combino!” e tutta un’altra serie di insulti che non ripeto.
Il giorno dopo ricevo una telefonata dalla nostra referente in ATS.

Mi ha chiamato una dicendo che vi siete rifiutati di prenotarle le terapie…e bla bla bla

Sí ma non può capire che richieste allucinanti aveva, almeno lei sa come si chiama?

No no, ha detto che mi denuncia, vi denuncia, ma lei i suoi dati per privacy non li rilascia.
Giuro che avrei voluto assistere alla scena in cui va dai carabinieri a sporgere denuncia rifiutandosi di dire come si chiama…