Giorno tre:
È passata circa una settimana dai due episodi intercorsi precedentemente.
Sto svolgendo tranquillamente il mio lavoro, assopita dalla mancanza di sonno e tormentata da un profondo mal di testa. All’improvviso, avverto la presenza di qualcuno oltre il bancone. Sollevo lentamente la testa e mi ritrovo davanti lei, con i capelli pettinati all’indietro e il Huawei stretto fra le dita. La vedo evitare lo scontro con le mie pupille, volgendo le sue al pavimento. Traffica un poco in borsa con le mani, ne tira fuori un fazzoletto un po’ appallottolato e poi le chiavi dell’auto. Infine, fra le sue dita insicure mi porge il Samsung accidentato. Prende un lieve respiro, accentuato dal silenzio tombale del negozio vuoto, e trovando il coraggio di incastrare le sue iridi verde bosco nelle mie, più scure, bisbiglia:
“Non è che potresti spiegarmi come fare il backup di whatsapp..?”.
Poso delicatamente la penna sul bancone in formica. Sollevo le spalle, le rilasso, inclino la testa di un lato e, lo devo ammettere, lascio che un accennato ghigno prenda possesso delle mie labbra. Rilascio un piccolo fiato. Lei attende di sentirmi parlare ed io pongo fine alla sua attesa, rispondendole:
“È sicura signora? Sa, essendo io una mentitrice credo proprio che sia meglio che me ne stia zitta!”.