Certe giornate in birrificio ti entrano sotto la pelle.
Non è tanto il sudore, né l’odore di luppolo che ti resta addosso.
È che le ore si muovono lente come la fermentazione.

Oggi ho messo a posto l’impianto vecchio.
Quello che respira più di me, a volte.
Quello che borbotta nei tubi, come se si lamentasse piano.
Ci vuole pazienza.
Come con i giorni storti.

Poi, quando la sala si è riempita piano, ho versato pinte dietro al bancone.
Meccanico, quasi.
Stappa, spilla, asciuga.
Sorridi.

A un certo punto qualcuno si è lamentato della birra.
Diceva qualcosa sul retrogusto.
Non ho capito bene.
Non era importante.

Non era un commento.
Era solo rumore di fondo.