Ecco che arrivo al termine della spesa, le comunico il totale e lei mi porge una banconota da cento euro.
Come mia abitudine conto il resto e glielo porgo… Già, glielo porgo come faccio almeno cento volte al giorno con tutti i clienti. Nessun problema per nessuno ad aprire la manina e prendere le monete che lascio cadere delicatamente. Se vogliamo, non c’è nemmeno un contatto fisico perché le lascio cadere.
Ma per la donna dai denti a sciabola questo è un gesto grave, non so perché, ma è qualcosa che a lei non si deve fare!
“Senta, ma perché mi deve porgere il resto?!” Urla, sferragliando arcigna.
La guardo, ho il braccio teso verso di lei, e cerco di trovare una risposta alla domanda che mi suona come un’aggressione da parte sua per difendersi da un mio tentativo di stupro.
“Mi scusi signora, ma non capisco il problema…” metto in atto le frasi preconfezionate che uso per gestire i clienti pericolosi.
“Mi spiega perché deve darmi le monete in mano quando ha una mensolina preposta all’uso?”. Usa un volume alto e un tono aggressivo, tanto che la coda di clienti si ammutolisce e noto una certa curiosità da parte della comitiva. Ora sono in attesa della mia risposta, pop-corn alla mano.
“Signora, mi perdoni ma di solito lo faccio per velocizzare le operazioni di cassa, per agevolar…” non finisco la frase.
“Ma roba da pazzi! Se c’è il posto dove mettere il resto, lei lo deve mettere là e non nella mia mano, ha capito?!” Il timbro di voce da vecchio portone che cigola mi è gradito come una maglietta bagnata addosso mentre corri nei campi di brina al mattino presto e mi suggerisce di abbandonare il protocollo “cliente pericoloso” per passare alla mia interpretazione personale.
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