Ci sono giorni in cui il bar è un posto tranquillo. Gente che entra, prende il caffè, paga e via. Poi ci sono giorni in cui arriva **quello.**
Stamattina, sette e mezza spaccate, il bar è già pieno. Il solito casino: caffè, brioche, gente che entra di fretta. Io sto dietro il bancone, macchinetta che lavora a pieno regime, quando vedo entrare un tizio.
Si piazza davanti al bancone, mi guarda e dice con tono rilassato:
“Un cappuccino e una brioche, grazie.”
Perfetto. Glielo preparo, glielo servo, lui prende tutto e si sistema a un tavolino senza fretta.
Tutto normale, finché non mi accorgo che il tipo non sta toccando nulla.
Il cappuccino è lì, fumante. La brioche, intatta. Lui invece guarda il cellulare, scrolla lo schermo, ogni tanto si sistema gli occhiali.
Passano dieci minuti. Poi quindici. Il bar si svuota, arrivano nuovi clienti, e lui ancora lì, con la colazione davanti, come se fosse una statua.
Dopo venti minuti, mi avvicino. “Tutto ok?”
Lui alza lo sguardo, come se lo avessi appena svegliato.
“Eh? Ah sì, sì. Stavo aspettando che si raffreddasse.”
Guardo il cappuccino. È ormai a temperatura ambiente. La schiuma è crollata. Sembra un caffellatte dimenticato nella preistoria.
“Signore, ormai è freddo.”
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