Aveva l’espressione di chi disprezza il mondo, la faccia era simpatica come il lunedì mattina quando rientri al lavoro da dieci giorni di ferie in crociera, e la sua frase ricorrente era:
“Che brutta frutta e che brutta verdura che avete qua”, scandita a voce alta, un po’ come le sentenze in tribunale.
La sua comparsa teatrale nel negozio era quasi quotidiana.
Con la mia squadra entravamo in negozio alle 6 del mattino. Dopo aver ricevuto il camion con notevoli quantità di merce e averla sbancalata, controllata, messa sui banchi e diviso in cella frigo la rimanenza, le nostre divise erano fradicie di sudore.
Si arrivava all’apertura del negozio tirati e la grande affluenza di clientela ci obbligava a ripristinare continuamente l’area di vendita: avanti e indietro con i carrelli pieni di cassette.
Lei entrava e si piazzava là.
Al centro.
Diversi minuti in contemplazione con aria disgustata e via che partiva la sentenza:
“Che brutta frutta e che brutta verdura che avete qua!”
La filastrocca era ben studiata perché veniva recitata solo in presenza mia o dei colleghi e nei momenti di maggiore affluenza di clientela. Poteva essere ripetuta anche più volte a distanza di alcuni minuti, come i rintocchi del campanile, mediamente due volte, ma si arrivava anche a tre nelle giornate ventose o nei prefestivi.
“Che brutta frutta e che brutta verdura che avete qua!”
Era un appuntamento fisso ormai, la odiavamo che nemmeno chi aveva avuto la brillante idea di prenderla in moglie poteva eguagliarci. Notevole anche la puntualità, tanto che alla domanda “Che ora si è fatta?” non era raro fra di noi rispondere con un “Che brutta frutta e che brutta verdura che avete qua!” e un quarto, oppure manca venti a “Che brutta frutta e che brutta verdura che avete qua!”
La mattina ci chiedevamo, dopo averla vista sul palco al centro, “L’ha già detto?” e poi inventavamo ogni maledizione possibile perché il lupo mannaro se la prendesse, i quaranta ladroni le visitassero casa o la strega cattiva di Biancaneve le vendesse un chilo di mele che sicuramente avrebbe apprezzato più delle nostre.