Lavoro in un negozio di elettronica, quindi ogni giorno è un viaggio nel fantastico mondo dell’idiozia umana. Ma quel giorno, giuro, ho toccato il fondo.
Sono al bancone, giornata tranquilla, quando arriva lui.
Sui 40 anni, occhiali da sole sulla testa, giubbotto di pelle, aria da esperto di tecnologia, ma già capisco che non sa accendere nemmeno il forno di casa.
Si ferma davanti a me, tira fuori lo smartphone, lo sbatte sul bancone e, con tono deciso, fa:
“Voglio un caricabatterie per questo.”
Lo prendo in mano. Lo guardo. Non ha marca. È uno di quei telefoni presi online a 50 euro con un nome tipo “X-Pro Ultra Max Super” che nessuno ha mai sentito.
Gli chiedo: “Ha il cavo originale? Così vediamo che attacco ha.”
E lui, con faccia scocciata: “No, l’ho perso.”
Ok, nessun problema. “Sa se è Type-C, Micro USB o Lightning?”
Mi fissa come se gli avessi chiesto un teorema di fisica quantistica.
“…Che?”
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