E lì, la perla. La frase che entra direttamente nella Hall of Fame delle stronzate:

“No, no, il telefono va benissimo. È solo che non si accende più da ieri.”

Silenzio.

Io lo fisso. Lui mi fissa.

Poi, molto lentamente, gli chiedo:

“…E quindi?”

Lui, serio: “E quindi è il caricatore che non va.”

Giuro, ho visto il mio spirito lasciare il corpo.

Mi passo una mano sul viso, respiro profondamente per evitare di mandarlo affanculo e poi gli dico, con la calma di un monaco tibetano:

“Signore, se il telefono è morto da ieri, il caricatore non ha ancora avuto occasione di farlo ripartire.”

Lui mi guarda. Capisce. Lentamente, il cervello elabora.

“…Ah.”

Silenzio.

“…Quindi?”

Silenzio più lungo.

“…Devo cambiare telefono?”

Io lo fisso con lo sguardo di chi ha perso ogni speranza per l’umanità. Poi, molto lentamente, gli dico:

“Sì.”

Lui sospira. Se ne va.

E io rimango lì, a chiedermi se la razza umana merita davvero l’elettricità.