“Vede, questa signora è mia nuora. Sa, mio figlio è morto 3 mesi fa, di quella cosa lì…”
Io resto allibita, ma lui sente proprio il bisogno di raccontare il suo dramma, di trasmettere il suo infinito e solitario dolore.
“Si è sentito male signora, me lo hanno ricoverato a Novara e dopo pochi giorni se n’è andato. Me lo hanno cremato signora e poi mi hanno consegnato una scatoletta con le sue ceneri…non credo nemmeno che siano le sue, ma sa com’è…non potrò mai scoprire la verità. Ho pagato € 4000 per riavere mio figlio in una scatoletta, si rende conto?”
Silenzio. Lui tiene stretto in una mano il telefono e con l’altra tiene una mascherina fatta in casa con dei disegnini tipo piastrelle da cucina anni ’70.
Io non so cosa aggiungere.
Non posso perettermi di abbracciarlo e non posso nemmeno di stringergli la mano, visto e considerato le rigide misure sanitarie adottate.
In pochi istanti arriva gente, sono da sola e lo devo salutare.
Lui chiede scusa per lo sfogo ma io gli dico solo:
“Se dovesse capitare di nuovo, faccia solo così…Se ha bisogno torni: io sono sempre qua.”
“Quanto le devo?”
“Ovviamente nulla, stia tranquillo.”
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