Lo stand era pronto da un’ora.
Legno vero, niente laminato.
Oggetti fatti a mano, niente taglio laser, niente produzione in serie.

Mi ero appena seduto un secondo quando è arrivato lui.
Giacca troppo stretta per la sua sicurezza, occhiali da sole messi sulla testa come se si aspettasse il flash da un momento all’altro.
Ha dato un’occhiata veloce ai pezzi, ma con lo sguardo di uno che già sa tutto.
Non stava guardando davvero.
Stava giudicando con l’intenzione di sminuire.

Ha preso in mano una delle mie lampade in legno curvato.
L’ha rigirata, ha battuto due dita sul corpo, poi ha detto ad alta voce:

“Bello eh, ma con una CNC e un po’ di pazienza, si fa facile.”

Io ho fatto un mezzo sorriso.
Quel tipo di sorriso che si fa quando sei stanco ma non hai voglia di litigare.
Quello che dice: “Ok, vai avanti, che ti ascolto”.

Lui ha continuato, si è pavoneggiato con qualche frase su “garage attrezzato”, “esperimenti suoi”, e “mancanza di tempo ma tanto se mi ci metto…”.

Poi, proprio mentre stava per andarsene con il solito colpetto alla giacca, gli ho detto con calma:

“Se ti interessa, ho caricato la costruzione di quella lampada lì.
Fatta a mano. Interamente. C’è tutto il processo.”