15 dicembre, negozio di prodotti sfusi, io intenta a finire ci confezionare cesti, la mia collega gestisce i clienti.
Ore 18.10 entra lei, anziana signora con bastone, qualche tremolio alle mani e, date le ripetute domande sempre uguali sia a me che alla mia collega, penso a qualche problema di memoria dovuto all’età.
Cercava l’enoteca, ma era chiusa. Questa la conversazione con la mia socia:
“Io cercavo l’enoteca San Rocco, ma è chiusa, sa perché?!”
“No signora, non conosco i loro orari, magari fanno riposo di mercoledì.”
“Ah! a me servivano panettone e champagne.”
“Per il panettone nessun problema, li abbiamo artigianali fatti dal nostro forno di fiducia. Per lo champagne non posso aiutarla, ma magari troviamo un bel vino lo stesso.”
Da lì, l’inferno! I panettoni li confezioniamo noi con i nostri nastri e le nostre tag.
“Me ne fa vedere uno? Me ne apra uno! Ma si apra quello che tanto è confezionato male ed è da rifare. Devo vedere quanto è grosso”
Io cerco di trattenere le parolacce e dico alla mia socia di aprirlo, tanto si, effettivamente era da rifare. Lo gira e rigira.
“Ah no, è troppo grosso (800 gr.) Poi non è artigianale, questo è industriale. Vede?! C’è scritto il lotto, quelli artigianali non hanno il lotto.”
Io inizio ad alterarmi, sia io che la mia collega le spieghiamo che si chiama tracciabilità, di chiamare pure l’Asl che le dirà la stessa cosa, niente, il panettone non è artigianale, il nostro forno di fiducia in realtà è la Bi. Va beh, proseguiamo. Decide di fare un cesto, prende cose a caso, fortunatamente tutte già confezionate. Dice che è da consegnare, quindi la mia socia segna tutto per confezionarlo il giorno dopo. Prepara il conto, troppo alto, metti togli, metti il panettone diventato improvvisamente artigianale, togli il panettone. Ore 19.20 “Allora, se me lo chiude lo porto via io” ma co! Era da consegnare!
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