Bar. Ore 7.30 di un lunedì mattina pre-covid. C’è un bel casino, il collega mi ha dato buca all’ultimo ed io sono sola. C’è molta gente, bambini che vanno a scuola e si fermano a fare colazione, uomini/donne che vanno a lavorare. Insomma, sono sudata anche se sto in t-shirt ed è febbraio. Entra un ragazzo della mia stessa età (25-26 anni).
“Buongiorno, prego mi dica”.
“Un gaffè gombret”.
“Scusi, non ho capito. Può ripetere?”
“Un gaffè gombret”.
“Mi perdoni, può ripetere? Con brandy?”
Mi fa cenno di sì.
Faccio il caffè e glielo metto sul bancone.
“E o latt arò sta?”
(E il latte dov’è?)
“Ah! glielo schiumo pure?”
“E sì, gombret signific gombret. Pur a robba ner c’adda sta”.
[Eh sì, completo significa completo. Pure la roba nera deve esserci (intendeva il cacao.)]
Mentre schiumo il latte penso a quale m***a beva questo tizio, ma non mi pongo troppe domande e “completo” il caffè precendente.
Lui beve un sorso e quasi si affoga.
“Signurì, ma che fatt? M vuliv accir’r?”
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