Bar, orario morto, musica al minimo.
Entrano due uomini che mi chiedono di fare due caffè, mi giro verso la macchina ed inizio a preparare.
“Eh no, perché io gliel’ho detto a mio figlio che deve studiare, come ho fatto io. Altrimenti poi che fa? Si ritrova a lavorare come barista.”
Iniziamo male, ma faccio finta di nulla. Roberta, prepara i caffè e tieni le tue considerazioni per te. Calma.
“Hai ragione, pensa che ho detto la stessa cosa a mia figlia. Subito giurisprudenza e poi so io come inserirla, nei miei vari studi. Che poi, si sa, per fare i baristi non conta il grado di scolarizzazione. Pensa che alcuni manco la terza media hanno”.
Il tutto, ovviamente, a voce udibile da chicchessia.
Ragazzi, qui avrò sbagliato, ma sono scoppiata.
Mi sono girata e con voce molto calma (data dalla rabbia repressa) ho detto:
“Guardi che non tutte le persone hanno avuto il medesimo percorso. Inoltre, molti avranno anche fatto l’università, ma sono rimasti comunque maleducati.”
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