Io rispondo che non è questione di multa ma che non è possibile che dopo due mesi ancora non abbiano capito.
Il direttore interviene appoggiandomi e specificando al ‘gran signore’ che non era proprio nella posizione di fare ironia. Lui si allontana, continuando a prendermi per i fondelli dicendo alla moglie:
“Eh non posso aiutarti con la spesa, altrimenti dicono che ti contagio”, arriva perfino ad avere il coraggio di dirle:
“Lasciamo perdere che questa è una cretina”.
Mii altero e gli dico che sto semplicemente facendo il mio lavoro e non mi sembra giusto essere chiamata cretina da gente che non mi conosce. La risposta dell’illustre signora? “Guardi che tutti lavorano, non solo lei”, interpretando la mia frase come un volermi ergere a chissà che eroina per essere al lavoro, cosa che assolutamente non è mia intenzione. Non ce l’ho più fatta: lo stress accumulato, la maleducazione della gente, i morsi sulla lingua dati per evitare il più possibile di creare polemiche con i clienti mi hanno fatta cedere e purtroppo non sono riuscita a trattenere le lacrime. Ho continuato il mio lavoro ma sicuramente gli altri clienti in fila se ne sono accorti, dalla voce rotta e gli occhi gonfi. Mi è dispiaciuto accantonare la mia professionalità per colpa di gente che non merita nemmeno considerazione, ma per quanto ami il mio lavoro questo è davvero un periodo tosto.
Un abbraccio a tutti i colleghi e preghiamo che la nostra sanità mentale non ci abbandoni, o perlomeno non del tutto.
3 Maggio, 2020 alle 7:05 pm
Non sei la sola, anche a me sono due mesi che mi insultano, proprio l’altra volta, ho avuto una discussione con una coppia perché non li ho fatti entrare insieme. Stiamo vivendo dei momenti assurdi noi commessi, la faccia tosta della gente che ti entra in negozio alle 18.55! Ribadendo il loro concetto che finché non sono le 19.00 possono entrare quando tu magari già stai effettuando la sanificazione del posto. Non c’è rispetto, io ho capito che non possiamo più abbassare la testa, non possiamo più piangere ma rispondere a tono, perché quando si oltrepassano i limiti non parla il commesso ma l’essere umano.