Parrucchiere.
Siamo un negozio di un paesino, molto frequentato, il classico in cui si hanno tantissime clienti abituali ma io faccio ancora un po’ fatica a riconoscerle tutte, lavorando qui solo da 4 mesi e avendone viste a bizzeffe.
Squilla il telefono, sono libera e rispondo: “Pinco Pallo, buongiorno, sono Ambra!”
Sento la voce di una signora di una certa età: “Ah, Anna, buongiorno!”
Lascio perdere che abbia capito il nome della mia collega anziché il mio e faccio finta di niente.
Continua: “Sono Maria Teresa, vorrei prendere appuntamento per me e mia figlia…”
Scegliamo giorno e ora, fin qui tutto bene, poi inizia il dramma:” Scusi, mi può ricordare il suo cognome?”
Abbiamo un gestionale, sul PC, con registrati i nomi completi e numeri di telefono di tutte le clienti, che usiamo per sapere chi ovviamente verrà in giornata, di quali servizi ha usufruito le volte precedenti, ecc.
“Ma come? Anna, sono Maria Teresa, non mi riconosci??”
Ero sicura avrebbe risposto così, nonostante nemmeno lei abbia riconosciuto che non sono Anna.
“No, signora, sono Ambra, in realtà…”
“Aaaah, ecco, mi pareva strano non mi riconoscessi!”
“…”
“…”
“Quindi, scusi, potrebbe dirmi il suo cognome, così la segno in agenda?”
“Ma metti Maria Teresa, su, segna così, tanto lo sanno chi sono!”
“Sì, ma…”
“Tanto lo sanno, su, vengo sempre!”
Avendo capito ormai che il suo cognome fosse un segreto o forse una vergogna, tento l’inganno:” E invece, quello di sua figlia?”
“Cristina… Sì, Cristina.”
La signora non demorde e io decido di arrendermi.
Chiusa la telefonata, sono corsa come una scema dalla mia collega per chiederle chi fossero queste 007 e segnarle finalmente nel computer.