Entra un ragazzo di 30 anni che ha perso il telefono e vuole una sostituzione della sim. Gli spiego che ci vuole un documento e 15 euro di credito residuo, perché da lì verrà scalato il costo della sostituzione; al che mi dice che non ha idea di quanti soldi abbia sulla sim, quindi devo chiamare il mio supporto telefonico per scoprirlo.
È una domenica, giornata in cui i call center rispondono a orario ridotto e i tempi di attesa per parlare con un operatore sono spesso lunghi, il ragazzo, spazientito dall’attesa, mi dice che intanto che io lavoro lui si va a sedere dall’altra parte del negozio e, quando gli chiedo di aspettare di sapere quanto dovrà pagare, non sembra felice, ma accetta.
Quando scopro che gli servono solo 10 euro per avere i soldi necessari all’operazione, mi lascia i soldi e si siede dall’altro capo del negozio, mentre i clienti si avvicinano per farmi domande, credendomi libera.
Al secondo cliente, chiedo al ragazzo se gentilmente può rimanere davanti a me, mentre faccio le operazioni, in modo da non venire interrotta di continuo e lui mi risponde malamente: “Ognuno ha i suoi problemi e io c’ho il mal di schiena.”
Gli spiego gentilmente che è una procedura veloce e che, se mi aiuta a non essere interrotta, posso mandarlo via in un paio di minuti, al che sbuffa e si alza.
Nel frattempo il sistema mi restituisce un messaggio di credito insufficiente e devo chiamare nuovamente, per capirne il motivo.
Lui sbraita scocciato: “Ah no! Se devi chiamare di nuovo me ne ritorno seduto!” e se ne va, liberando il posto alla cliente successiva che mi si avvicina.
Conto fino a 10, metto in vivavoce il cellulare in modo da sentire quando l’operatore mi risponderà e provo a dare assistenza alla ragazza a cui non funziona una nostra scheda dati.
Mentre smanetto sulle impostazioni del tablet della ragazza e sul mio cellulare si sente in vivavoce la musichetta di attesa, il ragazzo mi urla senza nemmeno faticare ad alzarsi: “Ma ti pagano pure per comportarti così, eh?”
Non ci vedo più, alzo il cellulare, gli dico che quello è il supporto che sto chiamando per risolvere il suo problema, ma che, se non vuole la mia assistenza, posso pure riattaccare. Lui prova a fare lo spavaldo dicendo: “Tanto la sim me l’hai data, quindi me ne vado.”
Gli rispondo, stavolta anche io un po’ scocciata, che la sim che gli ho dato non si è attivata e che è per questo che sto ancora chiamando il supporto, non per sport.
La geniale reazione è stata di prendere la sim, lanciarmela addosso e urlare che posso anche tenermela.
Successivamente, appena si è un po’ svuotato il negozio ho chiamato di nuovo il supporto, per scoprire che dovessi fare con quella scheda e mi hanno confermato che c’era stato un momentaneo problema di sistema, ma che era stata correttamente attivata, e che sarebbe bastato aspettare un paio di minuti.
Quindi ora la scheda del gentile cliente è parcheggiata nel nostro cassetto e lui può scegliere se tornare nel nostro negozio a implorare perdono, oppure andare in un altro negozio e pagare di nuovo.
C’è da dire che ogni tanto il karma fa il suo lavoro.
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